Villa Amalia
Villa Amalia: una costruzione dall’aria affascinante, ordinata e misteriosa, celata e protetta da una folta foresta di canne di bambù. Sul lato destro del cancello di ingresso, appesa ad una pietra sul muro, una targa dove si legge: ADSI, Associazione Dimore Storiche Italiane.
Può, apparentemente, sembrare una villa disabitata, invece no, da lungo tempo è dimora dei Franchini, una nobile famiglia, in passato di proprietari terrieri, poi di avvocati. La mia famiglia ha sempre apprezzato il fresco, l’ombra ed il silenzio del suo giardino; molte volte, i miei antenati si solo recati tra le fronde degli imponenti e secolari calocedri che svettano oltre le siepi del vialetto di accesso.
Si cinguetta che il grazioso terrazzino, sopra il portone di ingresso, centrale alla facciata splendidamente decorata, sia stato teatro della serenata che il mio babbo dedicò a mia mamma prima di sposarsi; ogni anno, per l’anniversario, i miei genitori portavano me e i miei fratelli qui; a me non dispiaceva proprio, perché si stava benissimo e, poi, ci raccontavano tante storie sulla Villa.
Come quella volta in cui l’abitazione è stata attaccata e posseduta dalla capra ferrata per una mattinata intera. La capra ferrata, infatti, è attratta dalle dimore rurali, in cui si sente a suo agio e ci si barrica dentro per diffondere terrore a tutti i suoi abitanti. Solo con grande fatica e fortuna è stata liberata dall’uccellin dal becco torto. Nonno Franchino Franchini ed i domestici hanno esultato di sollievo e contentezza per la liberazione della casa da quel demone cornuto e prepotente, e nonno Franchino ha fatto una promessa alla sua famiglia ed alla sua casa: dal giorno dopo, la dimora rurale dei Franchini sarebbe diventata una Villa dall’aspetto ancora più signorile e cittadino (proprio come la vediamo noi oggi).
Nell’ingresso dalla Villa, sul muro destro, tutt’ora, è presente un quadro raffigurante una capra: che sia l’eterna trappola dello spaventoso animale?
E poi, la storia che mi appassionava di più era quella su Priscilla, un’antenata della famiglia Franchini; viveva a Villa Amalia, quando era una dimora, seppur signorile, ancora a carattere rurale; suo padre e suo nonno avevano possedimenti terrieri in tutta la Valdinievole e non solo; per loro lavoravano contadini, braccianti, artigiani che erano grati perché trattati con rispetto e lealtà.
Priscilla era una bambina vivace, con due lunghe trecce rosse e le lentiggini sulle guance. La sua morte prematura si deve, forse, alla mancata approvazione che i suoi genitori hanno dimostrato verso l’amore che provava per un giovane contadino. Probabilmente, ma non è possibile averne certezza, potrebbe una stanza della soffitta di Villa Amalia, tutt’ora murata, nascondere il loro segreto? Chissà… si cinguetta, inoltre, che il fantasma di Priscilla si sia divertito a fare qualche scherzetto alla famiglia, dando fastidio, di notte, agli ospiti della camera celeste. Dovete sapere, che da quando Villa Amalia è diventata dimora patrizia, ha le camere monocromatiche e la camera celeste sarebbe stata destinata a lei, appena sposata. Infine, sembra che la fanciulla, in vita, avesse la passione di suonare la spinetta, un antico pianoforte, la cui musica accompagnava le apparizioni e gli scherzi della fantasma. Un magnifico mistero avvolge la Villa.
(testo tratto dal libro “Incontri Magici” di Irene Giacomelli)