Le Lavandaie
La bella lavanderina
che lava i fazzoletti
per i poveretti della città.
Fai un salto, fanne un altro,
fai la giravolta, falla un’altra volta,
guarda in su, guarda in giù.
Dai un bacio a chi vuoi tu!
Questa filastrocca popolare l’hanno insegnata a scuola a tutti da piccini, durante il girotondo (ma la si canticchia spesso, in vari momenti della vita!).
Noi rondini, invece, ci divertiamo a cinguettarla volando da un ramo all’altro, durante la stagione degli amori; la usiamo come colonna sonora per il corteggiamento, così come veniva cantata nel Rinascimento.
Ricorda il tempo in cui le massaie, o le lavandaie di mestiere, venivano al fiume a lavare i panni e passavano le ore insieme a chiacchierare, spettegolare e canticchiare.
Anche qui o lungo tutto il corso dei torrenti Cessana o Rio Torto venivano le lavandaie a lavare i panni, prima della costruzione dei lavatoi pubblici, se non avevano posto per farlo nelle conche a casa loro.
Partivano col carretto oppure con un bastone che appoggiavano sulle spalla e cercavano un punto in cui scendere fin vicino a l’acqua. Lì facevano il bucato: dopo essersi inginocchiate di fronte a pietre, possibilmente lisce, stropicciavano, insaponavano, sciacquavano e strizzavano.
La mia bisnonna mi cinguettava che per lei era una festa quando vedeva le massaie partir di casa col fagotto dei panni sporchi e volava loro dietro. Aveva fatto amicizia con alcune di loro di cui mi ripeteva sempre i nomi: Maria, Emilia e Bice, di cui porto il nome.
Quest’ultima, infatti, aveva piacere di essere aiutata dalla mia bisnonna a girare i panni stesi al sole sulle pietre o sull’erba; le passava la cenere e il sapone, per rendere bianchissimo il bucato, oppure l’avvisava, volando verso nord, se i bottacci dei frantoi scaricavano l’acqua sporca della frangitura nel fiume e Bice, rapidamente, usciva dall’alveo. Era una bella ragazza, gioviale, riservata e sempre sorridente. L’acqua del fiume, limpida e pulitissima, era un ingrediente essenziale per panni freschi e puliti senza paragoni.
(testo di Irene Giacomelli)